top of page
  • Immagine del redattoreMatteo Marchi

La ballata del cuore morente



Ci sono giorni in cui il tuo unico vizio è quello di respirare.

Appoggi le tue fragili mani al tavolo e scrivi quello che provi cercando di fermare il peso che ti opprime il cuore.

Chiudi gli occhi e ti passi una mano sulla fronte, guardi la bottiglia di Gin davanti a te, l’unica cosa che vi separa è la macchina da scrivere, il nero ferro della ragione che tiene uniti i tuoi pensieri. Solo allora ti rendi conto che lei è l’unica ragione di vita che ti è rimasta. L’inchiostro non c’entra, è solo un mezzo, ma lei, lei è quella che ti aspetta tutte le notti fremente del tuo tocco a tratti elegante e a tratti compulsivo. Lei ti perdona la rabbia, la collera e persino, a volte, la tristezza.

Lei così pura e così fredda, lei così amara e così dolce.

Quasi ti vergogni di trascrivergli addosso tutti i tuoi pensieri, persino i più intimi e nascosti che mai avrai il coraggio di pubblicare.

Guardì fuori, non piove, è una serata tranquilla, gli scuri sono chiusi e tu non puoi saperlo con certezza, ma in fondo che t’importa, il tempo non è ancora lì per te.

Allunghi la mano sul Gin, lei non ti guarda in quel momento, senti i suoi occhi addosso ma non ti guarda. “Stupido uomo bambino, solo tu sai la ragione del tuo male ed io non sono certo qui a farti la predica!” ti sembra di udire mentre afferri la bottiglia e butti il liquido amaro direttamente giù in quella tua dannata gola.

La testa non gira e l’amarezza resta, il liquido freddo non ha ancora fatto il suo corso.

Ti alzi in piedi ed è allora che arriva, una risata piena e scostante che fatica ad emergere.

Come un vagabondo impacciato improvvisi una danza, prendi una scopa e la invita a ballare contro il suo volere, alle denunce penserai dopo.

Ti senti ridicolo e felice, ma l’emozione dura poco e devi subito correre alla bottiglia, la macchina da scrivere ti guarda storto, ti accigli per un momento, poi ti rendi conto che quello storto sei tu.

“sono certo che ciò che faccio non è vero” ti ripeti senza senso, la macchina ti reclama, più arrabbiata che mai. “stupido! Torna qui tra le mie fredde braccia, insieme possiamo fare ciò che vuoi!” mi incalza astutamente. Mi guardo intorno un po’ confuso, no, non c’è nessun’altro, mi fiondo sul tavolo e mi attacco ai tasti.

In fondo, per uno come me, niente è meglio di questo, un Gin Tonic da una parte, e una macchina da scrivere dall’altra. “solo l’inferno mi toglierà da qui bambina, solo l’inferno”. Rido pensando al diavolo che viene a prendermi e portarmi di peso giù negli inferi. Mentre torno alle mie parole, qualcuno bussa alla porta.


0 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Kommentare


bottom of page