Episodio 73 - Freud L'ultima analisi
- Matteo Marchi
- 16 mag
- Tempo di lettura: 4 min
Bentornate amiche e amici, nell’episodio di oggi voglio parlarvi di un film che è passato un po' sottotono lo scorso anno, un film che dalla sua ha un cast eccezionale e una storia altrettanto unica, ma cio nonostante è passato lo stesso inosservato, oggi parliamo di Freud l’ultima analisi, bentornati su Nitrato d’Argento.
Eccoci qui, come annunciato all’inizio dell’episodio la storia di questo film è davvero unica, ma prima di approfondire maggiormente i motivi che la rendono così interessante un breve riassunto.
Freud - L'ultima analisi (Freud's Last Session) è un film del 2023 diretto da Matt Brown.
La pellicola è l'adattamento cinematografico dell'omonimo dramma di Mark St. Germain, a sua volta tratto dal saggio The Question of God di Armand Nicholi. Il film è incentrato su un incontro (in realtà probabilmente mai avvenuto) tra Sigmund Freud e C.S. Lewis.[1]
Alle soglie della Seconda Guerra Mondiale, Sigmund Freud invita C.S. Lewis in una conversazione intensa sull'amore, la famiglia e l'esistenza di Dio. Due giorni dopo l'invasione tedesca della Polonia, C.S. Lewis si reca infatti a Londra da Oxford per incontrare Sigmund Freud, costretto a fuggire dall'Austria l'anno prima in seguito all'Anschluss. Durante il loro pomeriggio insieme i due discutono dei fatti salienti delle loro vite. La questione delle fede, fondamentale per Lewis, e una nevrosi per Freud, li divide profondamente. Entrambi verranno a patti con le loro insicurezze per cercare di trovare una risposta definitiva a ciò che da sempre attanaglia atei e credenti, l’esistenza o meno di un dio e se esso sia benevolo o meno. Tutto questo tre settimane prima della morte di Freud, che si farà praticare l'eutanasia dal proprio medico per porre fine alle proprie sofferenze.
Come avete avuto modo di vedere tutta questa storia si fa carico di un tema importante, quello della presenza di dio. Questo elemento usato così tante volte farebbe certo storcere il naso a qualunque appassionato di cinema, cosa ancora si può dire di un argomento così discusso in passato? Bene, la risposta la si può avere guardando questo film.
Il modo in cui questo film tratta l’argomento lo fa in un modo davvero unico, innanzitutto mette di fronte due personaggi storici altamente colti, come Sigmund Freud, padre della psicoanalisi e C.S. Lewis, creatore della saga fantasy delle Cronache di Narnia. La loro dialettica nel cercare di creare un dialogo ad altissimi livelli dalla cui forma nascano nuovi pensieri e idee è davvero affascinante. L’energia che usano cercando si di abbattere l’altro con argomentazioni ognuno a tema, ma nel farlo non cercano una rivalsa fisica quanto più una intellettuale, ed entrambi lo fanno nel rispetto della persona che hanno davanti.
Sia Freud che Lewis sono maestri del pensiero moderno, pragmatici e lucidi dalla conoscenza sconfinata, ma entrambi sono anche frutto di traumi subiti in passato con cui presto o tardi dovranno fare i conti.
In questo dialogo a due, entrambi scoprono le loro debolezze, i loro dubbi, e nella costruzione del dialogo entrambi in realtà creano insieme una nuova storia condivisa.
Entrambi gli attori che troviamo in questo film rendono perfettamente i pensieri e le emozioni dei loro personaggi. Antony Hopkins, maestro della recitazione qui ci regala forse l’interpretazione che più è vicina a quello che è stato il vero Freud. Distrutto dal dolore per il tumore alla mascella, stanco, privato della propria terra natia, privato di una delle figlie, della nipote, legato ad un rapporto ossessivo con la figlia rimasta, disilluso di quello che la vita può offrire ma ciò nonostante sempre alla costante ricerca dei moti che muovono gli uomini. Matthew Goode invece ci regala un C.S. Lewis autentico, agli inizi della propria carriera da scrittore ma nel pieno di quella da professore, un uomo di successo che però fatica a reprimere i traumi della guerra, una relazione con una donna che certamente lo ha segnato ed un senso di colpa costante tipico dei sopravvissuti.
Queste due persone così apparentemente diverse in realtà si trovano a condividere anche se in maniera diversa gli stessi dubbi che attanagliano tutti gli uomini, i timori sulla vita e sulle sofferenze del mondo.
Il film è ambientato in pochi set, e questa scelta non è casuale, costruito come uno spettacolo teatrale l’attenzione è tutta posta verso un mondo mentale. Le stanze sono quelle dei ricordi, delle esperienze e delle emozioni dei protagonisti, nulla è lasciato al caso.
La fotografia del film è attenta e studiata, soprattutto all’interno dello studio di Freud, mentre la musica riesce a trasportare lo spettatore all’interno del racconto.
Nel complesso il film offre uno sguardo a metà tra il reale e il fittizio di quelli che possono essere stati gli ultimi giorni di Freud. Il messaggio che vuole dare non è univoco, ognuno con le proprie esperienze ci può leggere quello che vuole. Quello che è certo però è che lo spettatore ne esce arricchito, ne esce con la consapevolezza che un dialogo corretto e costruttivo sulle credenze di ognuno è possibile, e che non tutto deve sfociare in violenza di parole.
In conclusione il film è un bel tuffo in un epoca diversa, lontana magari dalla nostra tecnologia che ogni giorni ci allontana gli uni dagli altri, un epoca forse che in quanto a dialogo dovrebbe essere riportata in auge, una conversazione, anche dai poli opposti, se fatta in maniera corretta e nel massimo rispetto è sempre una occasione di crescita.
Vi ringrazio per avermi seguito fin qui, noi ci vediamo la prossima settimana, buon venerdì e buon fine settimana, io sono Matteo e questo è Nitrato d’Argento.
Comments