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  • Immagine del redattoreMatteo Marchi

Elwen lo scrittore


In un tempo non lontano,

in un'altro mondo,

posto a metà tra il nostro e quello della magia,

viveva su di un alto colle un burbero scrittore.

L'uomo odiava tutto ciò che veniva considerato

moderno e meccanico.

Nei suoi scritti non una sola parola veniva dedicata

all'argomento e con suo grande orgoglio

nessuno era mai riuscito a controbattere

le sue parole.

Lui era fiero di ciò che scriveva,

ma ahimè! Questa sua ostinazione gli aveva

valso il soprannome di Elwen,

nella lingua del luogo “colui che abbatte

le parole”. Il giudizio degli altri

aveva fatto in modo che più nessuno volesse

avere a che fare con il nostro amico.

Fortuna vuole però che l'uomo

avesse un gatto, un felino robusto

dall'aria di chi la sa lunga su certe questioni.

Questo gatto, di cui purtroppo

del nome ho perduto memoria,

amava fare lunghe passeggiate.

Un giorno,

durante una delle sue abituali zampettate,

scorse,

camminando nella boscaglia,

una giovane donna che si era evidentemente persa.

La giovane sembrava assai smarrita,

il gatto decise quindi di avvicinarsi

per accertarsi che stesse bene.

“Buongiorno signor gatto” disse la giovane

quando lo vide.

“Purtroppo mi sono persa nella boscaglia,

tu potresti indicarmi la via per uscire?”.

Il gatto ci pensò un po',

poi si mise a camminare,

facendo segno alla ragazza di seguirlo.

I due camminarono per molto tempo,

attraversarono l'intero bosco e alla fine

giunsero alla casa dello scrittore.

L'uomo uscì di corsa,

non si aspettava visite e in genere

il suo gatto non portava mai nessuno

a casa, se non in rare eccezioni.

“Mi dispiace disturbarvi”

disse la fanciulla,

“purtroppo mi sono persa

e il vostro gatto mi ha condotta qui”.

L'uomo sorrise,

non amava le visite,

ma percepiva qualcosa di diverso

in quella ragazza,

qualcosa che riusciva a rasserenargli

il cuore.

“Voi forse potete dirmi quale

strada posso prendere

per uscire dal bosco”

chiese la fanciulla.

“Vi sono due strade mia signora,

una va ad est e una a nord,

ed in entrambi i casi vi occorrerebbe

molto tempo per percorrerli”

disse l'uomo accendendosi la pipa,

era un gesto che faceva spesso quando

aveva un problema da risolvere.

“Da dove venite signore?”

chiese la ragazza.

“Da quanto ricordo ho sempre vissuto qui,

fra questi monti,

gli unici veri amici che io abbia mai avuto”

rispose l'uomo.

“Non desiderate mai di essere altrove?”,

“e perché mai? Aldilà di queste foreste

io sono considerato un pazzo”

disse l'uomo con una punta di amaro

nella voce.

“Ho letto ciò che avete scritto e sento

che la vostra mente è in grado di accettare certe verità”

disse la donna con sguardo rivelatore.

L'uomo si avvicinò alla dolce figura che pian piano

sembrava riempirsi di una luce tenue e morbida,

mossa da un dolce vento estivo.

“Chi siete? E come fate a conoscermi?”,

“io ti conosco da sempre,

nonostante tu viva da anni

isolato dal mondo,

questo non vuol dire che il mondo

viva isolato da te” concluse la fanciulla.

“Io sono uno spirito della natura

e sono venuta qui per proporti

una scelta” continuò.

“Venite con me aldilà di questa terra,

verso il sentiero ad Est,

aldilà della porta.

Gli uomini sono oramai costretti

agli affanni e necessitano

di qualcuno che ricordi

loro la giusta via”.

Lo scrittore esitò,

non voleva essere scortese

ma aveva paura degli uomini.

Più di una volta lo avevano ferito,

e non riusciva ancora a fidarsi di loro.

“Dagli un'altra possibilità”

disse lo spirito,

“credi ancora nell'immaginazione

delle persone”.

L'uomo sorrise,

la donna lo aveva capito,

e a lui questo bastava.

Prese per mano lo spirito

e si avviò verso Est.

“Ti rivedrò mai?”

chiese voltandosi verso il gatto.

Il felino non disse nulla,

ma i suoi grandi occhi verdi

mostravano più di quanto

non fosse necessario.

Vi chiederete come conosco questa storia,

bè, vedete,

passeggio spesso nel bosco e ogni tanto,

incontro un gatto.

Spesso mi faccio portare da lui

in luoghi in cui non avrei

mai immaginato di andare...


Questo racconto è contenuto all'interno del libro "I Sogni di Oberon".


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